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Affidarsi come atteggiamento di Madre Julia Verhaeghe - Parte I

Riflessione di P. Hermann Geissler, FSO

1. Significato sociologico di “fiducia”
 
In un articolo sul significato della parola “fiducia” si legge:
In sociologia si suole distinguere – all’interno di questo sentimento morale che permea l’ordine sociale – almeno tre tipi di fiducia.
 
  • La fiducia sistemica o istituzionale, ossia quella che gli attori sociali ripongono verso l'organizzazione naturale e sociale nel suo insieme;
     
  • La fiducia personale o interpersonale, quella che gli attori rivolgono agli altri attori sociali;
     
  • L'autoreferenza o fiducia in sé stessi. Benché quest’ultima attenga piuttosto il profilo psicologico dell’attore, essa ha tuttavia rilevanza sociale specie quando si considera il ruolo delle aspettative in campo economico, nel quale la fiducia in se stessi funziona come aspettativa di validità delle proprie stime.
     
Non entriamo nei dettagli di questi significati. Citiamo solo la conclusione dell’articolo: La fiducia interpersonale, secondo il sociologo italiano Antonio Mutti, viene definita come “l’aspettativa che l’altro non manipolerà la comunicazione o, più specificamente, che fornirà una rappresentazione autentica, non parziale né mendace, del proprio comportamento di ruolo e della propria identità. L’aspettativa dell’io concerne cioè la sincerità e credibilità dell’altro, intese come trasparenza e astensione dalla menzogna, dalla frode e dall’inganno” (Capitale sociale e sviluppo – La fiducia come risorsa, Bologna 1997, 40). Con altre parole: diamo fiducia perché ci aspettiamo qualcosa di buono dall’altro, anche se non ne siamo totalmente certi. Ma le cose che sappiamo (carico cognitivo) e quelle che sentiamo (carico emotivo) sono qualcosa di più di un mero buon auspicio, quindi dopo aver fatto una sintetica ricognizione dei costi e dei benefici futuri … ci inoltriamo nel rapporto fiduciario.
 
Senza questa fiducia interpersonale sarebbe impossibile vivere. In tanti ambiti della vita, infatti, ci affidiamo ad altre persone che conoscono le cose meglio di noi. Abbiamo fiducia nell’architetto che costruisce la casa, nel farmacista che ci offre il medicamento per la guarigione, nell’avvocato che ci difende in tribunale, nel professore che ci spiega il progresso della scienza, ecc. E la vita comunitaria, soprattutto nel matrimonio e nella famiglia, sarebbe impossibile senza fiducia nell’altro: nel marito, nella moglie, nei figli, nei genitori, ecc.

 

2. Significato cristiano della “fiducia in Dio”

Mentre nella fiducia puramente umana rimane sempre qualcosa di “incerto” – chi conosce il cuore dell’altro? L’altro vuol sempre bene a noi? –, nel campo della fede cristiana questa “incertezza” viene superata. Perché?

Lo comprendiamo leggendo il numero 150 del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla fede: “La fede è innanzi tutto una adesione personale dell’uomo a Dio; al tempo stesso ed inseparabilmente, è l’assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato. In quanto adesione personale a Dio e assenso alla verità da lui rivelata, la fede cristiana differisce dalla fede in una persona umana. È bene e giusto affidarsi completamente a Dio e credere assolutamente a ciò che egli dice. Sarebbe vano e fallace riporre una simile fede in una creatura”.

Dio è Verità, è Fedeltà, è Amore. Dio non può ingannare o mentire. Per questo motivo possiamo affidarci completamente a Lui e a tutto ciò che Egli ci ha rivelato. Questa “fiducia piena di amore” (cf. preghiera del mattino ne “L’Opera”) è il nucleo della fede cristiana, essa è fondata nella affidabilità assoluta di Dio.

Nell’Enciclica Lumen fidei (29 giugno 2013), firmata da Papa Francesco e scritta da Papa Benedetto, si legge: “Poiché Dio è affidabile, è ragionevole avere fede in Lui, costruire la propria sicurezza sulla sua Parola. È questo il Dio che Isaia … chiamerà, per due volte, ‘il Dio-Amen’ (cfr Is 65,16), fondamento incrollabile di fedeltà all’alleanza” (n. 23). Per questo, ad Abramo, padre della nostra fede, viene chiesto “di affidarsi a questa Parola (di Dio)” (n. 10). Al popolo d’Israele viene chiesto di affidarsi a Colui che l’ha liberato, con mano potente, dalla schiavitù d’Egitto, l’ha guidato nel cammino attraverso il deserto, ha rivelato la sua legge e mostrato continuamente i suoi benefici (cf. n. 12).

L’uomo, tuttavia, ha difficoltà ad affidarsi a Dio, come ci dimostra la storia del serpente che seduce i nostri progenitori di mangiare dall’albero della conoscenza il frutto proibito (cf. Gen 3). Cosa significa questa storia? Spiega Papa Benedetto: “L'uomo non si fida di Dio. Egli, tentato dalle parole del serpente, cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra libertà… L’uomo non vuole ricevere da Dio la sua esistenza e la pienezza della sua vita. Vuole attingere egli stesso dall’albero della conoscenza il potere di plasmare il mondo, di farsi dio elevandosi al livello di Lui, e di vincere con le proprie forze la morte e le tenebre. Non vuole contare sull’amore che non gli sembra affidabile; egli conta unicamente sulla conoscenza, in quanto essa gli conferisce il potere. Piuttosto che sull’amore punta sul potere col quale vuole prendere in mano in modo autonomo la propria vita. E nel fare questo, egli si fida della menzogna piuttosto che della verità e con ciò sprofonda con la sua vita nel vuoto, nella morte…. Con questo racconto è descritta non solo la storia dell’inizio, ma la storia di tutti i tempi, e che tutti portiamo dentro di noi una goccia del veleno di quel modo di pensare illustrato nelle immagini del Libro della Genesi. Questa goccia di veleno la chiamiamo peccato originale” (Benedetto XVI, Omelia del 12/12/2005). Ecco, il significato del peccato originale: è una profonda sfiducia nei confronti del Creatore con tutte le conseguenze che comporta.

Tutta la storia è segnalata da questo peccato: l’uomo non vuol affidarsi a Dio, vuol prendere in mano la propria vita – e uccide suo fratello, sprofonda nel diluvio dei peccati, vuol costruirsi una torre (a Babele) per diventare dio. Anche la storia di Israele è caratterizzata dal medesimo peccato: il popolo si ribella continuamente contro Dio e contro Mose; il popolo vuol essere come gli altri popoli; non affidandosi a Dio, il popolo “deve ascoltare le voci dei tanti idoli che gli gridano: ‘Affidati a me!’”(Lumen fidei, n. 13). Così è anche oggi: chi non si affida a Dio, si affida al proprio “Io” oppure agli idoli che oggi si chiamano benessere, bellezza, divertimento, sesso, ricchezza, potere, scienza, lavoro, ecc.

Dio, comunque, non ha voluto lasciarci nelle mani degli idoli. Ha mostrato in Cristo il suo immenso amore per ciascuno di noi. “Se dare la vita per gli amici è la massima prova di amore (cfr Gv 15,13), Gesù ha offerto la sua vita per tutti, anche per coloro che erano nemici... In questo amore … è possibile credere; la sua totalità vince ogni sospetto e ci permette di affidarci pienamente a Cristo” (n. 16). “Ora, la morte di Cristo svela l’affidabilità totale dell’amore di Dio alla luce della sua Risurrezione. In quanto risorto, Cristo è testimone affidabile, degno di fede (cfr Ap 1,5; Eb 2,17), appoggio solido per la nostra fede” (n. 17).

La nostra amicizia con il Signore inizia col battesimo in cui diventiamo figli adottivi di Dio. La grazia del battesimo ci libera dal peccato originale, ci inserisce nel corpo della Chiesa e ci immette nella dinamica di amore di Gesù, fonte di sicurezza per il nostro cammino nella vita (cf. n. 42). Inoltre, dal battesimo nasce anche una nuova affidabilità tra di noi. “Se l’uomo di fede poggia sul Dio-Amen, sul Dio fedele (cfr Is 65,16), e così diventa egli stesso saldo, possiamo aggiungere che la saldezza della fede si riferisce anche alla città che Dio sta preparando per l’uomo. La fede … illumina anche i rapporti tra gli uomini, perché nasce dall’amore e segue la dinamica dell’amore di Dio. Il Dio affidabile dona agli uomini una città affidabile” (n. 50). Ciò vale in particolare per le relazioni di amore tra gli uomini: “La fede … fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità” (n. 53).

"Poiché Dio è affidabile, è ragionevole avere fede in Lui, costruire la propria sicurezza sulla sua Parola" (Lumen Fidei, n. 12).