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Affidarsi come atteggiamento di Madre Julia Verhaeghe - Parte II

Riflessione di P. Hermann Geissler, FSO

3. L’affidarsi nella vita di Madre Julia
 
Julia Verhaeghe ha imparato l’Affidarsi nella sua famiglia a Geluwe. La madre, Valentine Rosè, “provvedeva amorevolmente al benessere di suo marito e dei suoi tanti figli... e si prodigava affinché le relazioni all’interno della famiglia fossero naturali e rispettose” (le citazioni sono tutte prese dal libro “Ha amato la Chiesa. Madre Julia e gli inizi della Famiglia spirituale ‘L‘Opera’”, Vita e Pensiero, Milano 2007). Il padre, Henri, lavorava nei campi di lino e di tabacco, “aiutava nelle faccende domestiche... e si dedicava ai bambini”. La fede impregnava la vita quotidiana della famiglia: “Spesso recitavano insieme il Rosario e rinnovavano la consacrazione al Sacro Cuore di Gesù. I genitori avevano anche l’abitudine di benedire con devozione i bambini, quando andavano a dormire”. In questo clima Julia iniziava quasi naturalmente ad affidarsi al Signore e a fidarsi del prossimo.
Julia, tuttavia, già da giovane, aveva un senso critico verso le abitudini esteriori. Sebbene fosse stata educata in un clima intriso di tradizione, manifestava una dote particolare, che le permetteva di discernere il vero dal falso nell’osservanza di certe abitudini ed usanze. In anni successivi precisò: “Quando da bambina sentivo parlare di argomenti religiosi e questi non mi sembravano corretti, spesso in cuor mio pensavo: ‘Dio è diverso!’”. Julia non si fidava delle cose esteriori, cercava sin dall’infanzia il Vero, il Buono, Dio stesso.
 
Un evento importante per Julia fu la canonizzazione di Teresa di Lisieux il 17 maggio 1925. Julia scrisse: “So benissimo che un’esperienza particolare avvenne nella mia giovinezza ... nel 1925, il giorno della canonizzazione di Teresa di Lisieux. Santa Teresa mi ha chiamata sulla stretta via della fede e della fiducia nell’amore misericordioso di Dio. Orientò la mia coscienza appesantita dalle esperienze vissute sia esternamente sia interiormente. Mi condusse all’abbandono al Cuore divino, fonte di ogni misericordia.”
 
In questo tempo ricevette da P. Cirillo Hillewaere un Messale latino-olandese e iniziò a leggere ogni sera le letture della Messa del giorno seguente. Fu per lei una fonte di forza che fortificava la sua fiducia nel Signore: “Ho aperto questo tesoro con molta gioia ed amore. Mi sentivo pervadere come da un grande fuoco. Non me lo potevo spiegare. Già dalla prima sera provai a meditare tutte le preghiere e tutti i testi: la lettura, il vangelo e tutto quanto si sarebbe letto o cantato durante la santa Messa del giorno seguente. Le parole della Sacra Scrittura mi affascinavano. Per noi bambini e giovani era del tutto ovvio andare quotidianamente a Messa”. La Parola di Dio nutriva il suo rapporto con il Signore e la sua fiducia in Lui.
 
Ma le sfide non mancavano. Julia, a quell’epoca, attraversava un tempo difficile. “Tempo addietro, prima che P. Cirillo le avesse regalato il Messale, le venne chiesto di servire ad un banchetto di alcuni personaggi famosi. In quest’occasione sentì parlare un sacerdote in termini poco rispettosi circa alcune questioni di fede – e in particolare circa il sacramento della Confessione – , portando al riso gli altri commensali. Fu per lei un vero scandalo che un sacerdote avesse ridicolizzato le cose sacre. Provò sofferenza ed ansia fin nell’intimo della sua anima. Mai prima era stata così profondamente colpita dalle debolezze umane dei rappresentanti della Chiesa”. Scrisse: “Tutto questo mi portò lentamente ad una specie di crisi di fede. Ero molto infelice, sola, chiusa e quasi imprigionata in me stessa. Mi sforzavo di giungere ad un rapporto puro e autentico con Dio, attraverso sacrifici nascosti e l’impegno sincero nella virtù. Ma ciononostante mi allontanavo dalla pratica della fede. Cominciai ad essere assalita da una specie di superficialità e passività.” Si può dire che “la sua confidenza nella Chiesa era compromessa”.
 
“Una sera – non molto tempo dopo aver ricevuto il Messale – Julia si stava preparando ancora per la santa Messa, leggendo i testi liturgici del giorno seguente. Quella sera non si accorse di nulla in particolare, tuttavia il mattino seguente, durante la santa Messa, venne colpita così profondamente da una lettura di san Paolo da perdere, per un breve periodo, contatto con tutto il mondo circostante: ‘Verrà un giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina’ (2 Tim 4,3). Da questo istante l’Apostolo Paolo divenne la sua guida personale... l’aiutava a ritrovare la serenità interiore e a crescere nell’amore per la Chiesa: ‘Le sue lettere costituirono per me un preferito e fortificante nutrimento spirituale. Scoprii in esse, se posso esprimermi così, la santa Chiesa e concepii un grande amore per il Corpo mistico di Cristo.... Paolo divenne per me uno strumento di Dio, una guida spirituale e un fratello diletto... In quel periodo mi pareva di vivere una seconda conversione verso il Cuore di Gesù e il suo Corpo, la Chiesa.’”

Successivamente Julia attraversava un periodo difficile, con un incidente e molte prove riguardanti la sua salute. Poi venne l’anno 1934 in cui fu nuovamente costretta a letto in casa dei genitori. Il giorno della Solennità del Sacro Cuore le fu donata una profonda esperienza con il Signore incoronato di spine: “Vedevo Gesù soffrendo e morendo sulla croce. Il suo santo corpo era straziato, sembrava una sola ferita. Tremava, pareva estremamente afflitto e soffrendo abbondantemente. Fui commossa fino al più intimo della mia anima. Gesù disse: ‚Mia figlia, avanza!‘. Non potevo resistere e – dimenticando me stessa – mi sono alzata ed ho messo le mie braccia attorno al crocifisso, chiedendo a Gesù che cosa potevo fare. Nello stesso tempo contemplò la via del sacrificio, segnato dal suo sangue e dal suo amore. Gesù si distaccò della croce. Piegò la testa coronata di spine e disse: ‘Ho sete’ dell’amore delle mie creature. Mia sposa, contempla me’. Gesù non ha espresso le altre parole. Fluirono. Non le ho sentite, ma le ho viste. Gesù mi chiese di partecipare a questa sete d’amore, questa sete d’anime”. Julia accolse tale invito. Era per lei come se l’amore divino volesse prendere possesso del suo cuore. Invasa da quest’amore si offrì al Signore per il bene della Chiesa: “Il sì che diedi allora al Signore, era come una Santa Alleanza con il Cuore di Gesù, che s’immola continuamente nel suo Corpo, la Chiesa”.

Cosa avvenne in quest’esperienza, che segna l’inizio del Carisma de “L’Opera”? Julia sperimentò l’immenso amore di Gesù, la sua sete d’anime, e si affidava totalmente al suo Cuore. D’altra parte, comprese che Gesù si affidava a lei, voleva invitarla a condividere la sua sete d’anime. Per questo scrisse più tardi su detta esperienza: “O Salvatore, quale fiducia, quale grazia e perdono in abbondanza! Tu hai sempre compassione del tuo popolo eletto, incessantemente presti ascolto ai suoi lamenti e al suo grido e lo salvi per la vita eterna… Tu mi hai legato a Te nella grazia della Santa Alleanza. Mi concedi di vivere questo grande dono con Te in un amore profondo”.

Gli anni successivi Julia li trascorse per lo più a Geluwe, a causa della sua malattia. In questo periodo faceva altre esperienze interiori, di non facile comprensione. Pur apprezzando la Gioventù Operaia Cattolica, fondata da Mons. Cardijn, vedeva che alcuni dirigenti del movimento erano esposti a seri pericoli. Data l’intenzione di voler guadagnare le masse e di fare politica, veniva a mancare in molti la maturità e la forza interiore: “Manca l’interiorità nell’apostolato. Ogni cosa deve anzitutto essere provata e purificata nel buon combattimento. Molti non hanno capito molto che prima di tutto è necessario l’esempio personale e la perseveranza”. Julia soffriva di questa situazione e offriva se stessa al Signore. Nel maggio 1935 capì che doveva aprirsi al suo confessore, P. Cirillo, informandolo sulle sue esperienze interiori, i suoi incontri con San Paolo e con il Signore stesso, e le sue preoccupazioni circa la Gioventù Operaia Cattolica. Capì che doveva fidarsi di lui, condividendo le gioie e le sofferenze per poter discernere la volontà di Dio.

Il 18 gennaio 1938 P. Cirillo celebrò il suo 50° compleanno. Durante la santa Messa depose sull’altare le sue intenzioni circa gli sviluppi nella Gioventù Operaia Cattolica. Si unì con il sacrificio di Cristo e pregò con fervore Dio di manifestargli la sua volontà. Sentì allora la chiamata interiore ad offrire la sua vita sacerdotale per il rinnovamento della Chiesa e per lo sviluppo della grazie de “L’Opera”, Carisma che era cresciuto in Julia e di cui egli era testimone da alcuni anni. Il suo sì fu un puro atto di fede, un abbandono fiducioso nella guida di Dio. In questo atto di donazione gli fu elargita la grazia della Santa Alleanza, che Julia già quattro anni prima aveva ricevuto dall’amore misericordioso di Dio. P. Cirillo era sempre consapevole della portata di questo intervento della Provvidenza divina. Perciò molti anni dopo scrisse in una lettera: “Il 18 gennaio 1938 non è stato solo il giorno del mio compleanno, ma anche il giorno in cui ho donato al Signore il resto della mia vita per ‘L’Opera’.”
 
Entrambi, Julia e P. Cirillo, potevano riconoscere che Dio, in quest’ora di grazia, aveva unito il dono del Carisma personale e la grazia del Sacerdozio ministeriale, per l’edificazione della Chiesa. P. Cirillo aveva la certezza nella fede che “L’Opera” era un dono di Dio. Scrisse: “Abbiamo creduto e avuto fiducia. Dovevamo credere ed aver fiducia. Questo per noi era un obbligo.” Si affidavano totalmente al Signore, e si fidavano anche a vicenda, essendo convinti che era la volontà del Signore. Scrisse Julia a P. Cirillo: “Mi sembra, Padre, che dobbiamo collaborare in santa unità e massima fiducia”.
Questa doppia fiducia, verso il Sacro Cuore di Gesù e verso l’altro, diventava la base della vita comunitaria de “L’Opera”: “Dal 18 gennaio 1938 il Signore mi ha chiamato, insieme ad altri, a vivere questa unità in una famiglia, a far nostre la sua vita e la sua preghiera e a operare per Lui e con Lui per questa unità, che nella nostra epoca è tanto minacciata. Egli ci ha donato, per questo compito, una grazia carismatica nella santa Vocazione. Ha voluto che essa fosse sigillata da una Santa Alleanza e legata al suo Sacro Cuore.”
Julia aveva sempre una incrollabile fiducia nella Provvidenza. Non dubitava mai che la Chiesa un giorno avrebbe riconosciuto “L’Opera”. Già nel 1939 disse: “Roma sta davanti ai miei occhi. Il Santo Padre deve dare la sua benedizione a ‘L’Opera’”. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la comunità non poteva svilupparsi esteriormente, ma il 16 luglio 1941 Julia sentì la chiamata di lasciare la casa dei genitori. Si mise sotto la protezione della Madre del Carmelo: “Come un bambino si abbandona a sua madre, mi sono rimessa pienamente a lei e le ho affidato tutto il mio cammino futuro... Ella mi ha insegnato soprattutto a capire e a vivere la vera fiducia. Questa vera fiducia mi sembra che sia il coraggio di restar fedeli in ogni prova. È come la fedeltà della sposa che crede alla fedeltà del suo sposo”. Maria, la Madre del Carmelo, le ha insegnato a capire e a vivere la vera fiducia.
 
Dopo la Guerra, Julia – presto chiamata Madre Julia – sentì che nelle prime chiamate l’aspirazione per una vita comunitaria andava aumentando. Scrisse: “Sono molto contenta. Ho potuto sentire, infatti, una fiducia spontanea e cordiale tra di loro.” La fiducia vicendevole è fondamentale per ogni forma di vita comunitaria.
 
Madre Julia era “l’anima ispiratrice” della crescente comunità. Orientava le coscienze delle consorelle che condividevano la vita con lei. Scrisse ad una di loro: “Ricordati che Gesù è l’immutabile. Conserva sempre il sentimento della gratitudine. Donagli la fiducia che si addice ad una sposa, affinché la verità possa sempre accompagnarti e aiutarti a continuare a guardare la luce. Sii sempre te stessa – con la grazia di Dio!”
 
A un’altra consorella scrisse: “Mi sembra che in ognuna aumenti il desiderio di andare ancor più in profondità, e cioè in un sincero e spontaneo intento di trovare la verità. Non dobbiamo quindi attendere, con più grande fiducia, che Gesù - che dice di se stesso: ‘Io sono la verità’ -, divenga ancor più la nostra via e la nostra vita?” Con cuore lieto e riconoscente poteva affermare: “Regna uno spirito di amore fraterno, pieno di cordialità, di semplicità e di verità. Si collabora in perfetto accordo con i principi fondamentali a edificare la Vocazione.” Fiducia grande nel Signore Gesù, fiducia autentica fra di loro!
 
Madre Giulia esortava spesso le consorelle a credere fermamente nell’amore di Dio, soprattutto nei tempi di prova e di purificazione: “Abbiamo fiducia! Ciò che ieri sembrava non poter essere vissuto, domani, nella grazia di Dio, può divenire vita. Lavoriamo insieme, senza spreco di tempo né di forze, per l’unica cosa: la glorificazione di Dio nel regno delle anime!”
 
Come poteva perseverare in questo spirito di fede e di sicurezza? Attingendo sempre di nuovo consolazione e fiducia nel Signore stesso, come lei stessa attestò: “Certe volte sono così stanca e sfinita. D’altra parte ringrazio Gesù per le difficoltà. Qualche volta provo una grande gioia nell’anima per le opere del Signore; così sono profondamente felice per tutto ciò che avviene e che ci capita. Vorrei tanto che tutte le anime avessero questa fiducia! Quanto sarebbero ricche e felici allora!”
 
Prima dell’ingresso del Signore eucaristica nella casa de “L’Opera” a Villers il 1° novembre 1950, Madre Julia scrisse: “Il fatto che fra qualche giorno festeggeremo l’ingresso festoso del nostro buon Maestro tra noi, in occasione della prima santa Messa, deve essere per tutte noi fonte di grande gioia e riconoscenza. Questo giorno riveste un grande significato per ‘L’Opera’. Quanto lo abbiamo atteso silenziosamente! L’abbiamo desiderato con perseveranza da tanto tempo, che il Signore stesso si è fatto vincere dalla grande fiducia che gli abbiamo dimostrato”.
 
Il Signore si fa vincere dalla nostra fiducia. Se ci affidiamo a Lui con sincero amore, Egli si dà a noi. E la fiducia vicendevole ha lo stesso effetto: se io mi fido di te, tu ti fidi anche di me. Fiducia crea fiducia. È questo uno dei più profondi e più belli misteri della vita di fede e della vita comunitaria.
Fiducia crea fiducia. È questo uno dei più profondi e più belli misteri della vita di fede e della vita comunitaria.