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Seguire le tracce dei primi cristiani secondo san Paolo - parte I

Madre Julia Verhaeghe, la fondatrice della Famiglia spirituale “L’Opera”, scrisse: “Dio vuole che seguiamo le tracce dei primi cristiani che hanno accolto la luce di Cristo e hanno reso testimonianza della sua forza, della loro libertà in lui e della loro appartenenza a lui”. Spesso madre Julia invitava i membri ed amici de “L’Opera” a svolgere lo sguardo sui primi cristiani, seguendo le loro tracce. Cosa significa questo invito? Nelle lettere di san Paolo si presentano diverse caratteristiche della vita dei primi cristiani. Cerchiamo di capirne alcune e di applicarle alla nostra vita.

I. Convertirsi alla fede

Nella Lettera agli Efesini Paolo scrive: “Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Nel numero di quei ribelli, del resto, siamo vissuti anche tutti noi, un tempo, con i desideri della nostra carne… Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati” (Ef 2,1-5). In questo passo Paolo descrive la vita dei cristiani come un passaggio dalla morte alla vita. Prima della conversione anch’essi erano “morti” – morti “per i loro peccati” e la loro condotta “alla maniera di questo mondo”. Tra i peccati Paolo ne menziona soprattutto due: La dipendenza dal “principe delle potenze dell’aria” e dallo “spirito che opera negli uomini ribelli”, e cioè la dipendenza da falsi dei, da spiriti che opprimono l’uomo, creano un’atmosfera di paura, provocano la ribellione. Con questa falsa religiosità erano connessi “i desideri cattivi”, “le voglie della carne”, l’immoralità.

 

Il mondo dei primi cristiani, infatti, era segnato da questi due elementi: (1) da una religiosità non più credibile: gli uomini di allora non erano increduli, credevano in tante divinità; sappiamo che nel tempo dei Romani quasi ogni tribù, città e paese aveva un proprio dio; si pensava che occorresse accettare tutte queste potenze per placarle e non suscitare la loro ira; era, insomma, una religiosità mitica, opprimente, contraria alla retta ragione. Tutto ciò era collegato (2) con tante forme d’immoralità: il disprezzo per i poveri e gli ammalati, l’uccisione dei bambini, lo sfruttamento degli schiavi, l’oppressione della donna, la perversione sessuale, la bugia, l’avarizia, l’invidia, ecc. 

 

E oggi?

Questa breve descrizione della situazione spirituale del mondo di allora potrebbe farci pensare: il mondo di oggi, pur essendo cambiato in tanti aspetti, non è simile a quello descritto da Paolo? La vaga religiosità di oggi, che tende a credere negli idoli del progresso, del benessere, del successo, ecc. non assomiglia alla religiosità di allora? E l’immoralità di oggi – basta aprire i giornali o accendere la televisione o usare i social media – non è simile all’immoralità di allora? Spesso madre Julia disse che i primi cristiani sono di grande importanza per noi perché hanno vissuto in un mondo pagano non dissimile al nostro mondo neo-pagano.

»Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo.«

Ma torniamo a san Paolo. Egli ricorda i cristiani che anch’essi vengono da quel mondo, da quella situazione di morte. L’Apostolo però aggiunge: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo”. Qui vediamo la grande novità del cristianesimo: “Dio ci ha fatto rivivere con Cristo”. Per amore Dio ha inviato il suo Figlio Gesù, perché morisse e risuscitasse per noi. E in tal modo ci ha salvati dai nostri peccati; ci ha rivelato il vero volto di Dio, del Dio ricco di misericordia e di bontà; ci ha dato una nuova vita, la vita di Dio, la vita che non ha fine. Tutto questo è soprattutto dono di Dio. 

La retta risposta a questo dono è la fede. La fede, che viene infusa nei nostri cuori tramite il battesimo, ci unisce al Signore. Per questo Paolo scrive: “Siete salvi mediante la fede” (Ef 2,8). La fede, quindi, ci salva. Ecco, perché la fede non è un pesante fardello oppure un giogo che ci opprime, come pensano non pochi nostri contemporanei. La fede è quel legame che ci unisce al Signore ed apre il nostro cuore al dono della salvezza, al perdono dei peccati, alla ricchezza di Dio. La fede, pertanto, è motivo di profonda gioia e letizia. I primi cristiani si sono distinti soprattutto per la loro fede gioiosa nel Signore Gesù.

La Via Appia Antica a Roma, sulla quale san Paolo è arrivato a Roma

La fede: "sì" a Dio

Chiediamoci ancora: che cosa è la fede? Si può dire che è un grande “sì” in un duplice senso: un “sì” a Dio e un “sì” a tutto ciò che Dio ha rivelato. Avere fede in Gesù, quindi, significa dire “sì” a Gesù, Figlio di Dio, e dire “sì” alla verità da lui insegnata. I primi cristiani vivevano questa fede nel Signore Gesù. Innanzitutto aderivano con gioia al deposito della fede. Ciò comportava un “sì” alle parole predicate dagli Apostoli e un “no” agli dei falsi che non esistono, un “no” alle teorie e convinzioni errate. San Paolo, pertanto, scrive nella seconda Lettera a Timoteo: “Prendi come modello le sane parole che hai udito da me, con la fede e la carità che sono in Cristo Gesù. Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi” (2 Tim 1,13-14). Ciò vale anche per noi: siamo chiamati ad accogliere le sane parole della Chiesa, che trasmette, spiega e custodisce il messaggio del Signore. Oggi, in un mondo spesso confuso e ignorante, l’assenso alla dottrina certa della Chiesa riveste un grande significato.


 

 

»Siamo chiamati ad accogliere le sane parole della Chiesa, che trasmette il messaggio del Signore. L’assenso alla dottrina certa della Chiesa riveste un grande significato.«

La fede è quindi adesione alla verità rivelata. Ma la fede è poi anche fiducia totale nel Signore. Questo affidarsi completamente a lui, in tutte le circostanze della vita, era il nucleo più profondo della forza e del coraggio dei primi cristiani. Tale atteggiamento di fede fiduciosa appare ad esempio nelle seguenti parole di Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rom 8,35.37-39). Questa fiducia nella fede è estremamente importante. Comporta un “no” all’angoscia sproporzionata, alla disperazione, alla paura nei confronti del futuro – atteggiamenti largamente diffusi ai nostri giorni. Noi crediamo all’amore di Dio in Cristo Gesù.