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La forza e la bellezza del perdono - 2° parte

4. La preghiera d’intercessione

Talvolta non è facile parlare su un’esperienza negativa, soprattutto quando ci siamo sentiti offesi. Forse ci accorgiamo che l’altro non ha avuto l’intenzione di ferire, ma di fatto siamo delusi e portiamo ancora rancore nel cuore. In questa situazione dobbiamo stare attenti a non commettere da parte nostra un atto di ingiustizia nei confronti dell’altro.
 
Un mezzo importante per non cadere in questa trappola è la preghiera d’intercessione. Tale preghiera ci unisce non soltanto con Dio, che ci aiuta a vedere le cose con più sobrietà e oggettività, ma ha un effetto salutare anche per la nostra vita interiore. Se tendiamo a nutrire pensieri cattivi nei confronti di un altro, la preghiera ci aiuta ad opporre a questi ragionamenti pensieri buoni. Madre Julia parlava spesso dei “pensieri benedicenti” che dobbiamo avere nel cuore e che possono essere molto semplici, ad esempio: “Signore, benedici questa persona!” o “Gesù, tu sai tutto, tu sai che ti amo e che voglio bene a questa persona!” oppure “O Dio, aiutami a vedere questa persona come la vedi tu!”. San Paolo dice: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” (Rm 12,21). La preghiera d’intercessione è un mezzo assai efficace per mettere in pratica questa raccomandazione dell’Apostolo.
 
Gesù stesso ci ha lasciato un grande esempio di una simile preghiera d’intercessione. Sulla croce ha pregato per i suoi carnefici: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). In questa preghiera Gesù ha pensato non solo a quei soldati che li hanno crocifisso, ma anche a tutti gli uomini di tutti i tempi che sono peccatori e in questo senso sono corresponsabili per la sua morte. Gesù ha quindi pregato anche per noi, chiedendo al Padre perdono. Se noi preghiamo per un altro che ci ha offeso oppure ci fa soffrire, possiamo quindi ricordare che con questa nostra preghiera seguiamo il Signore Gesù e tutti i martiri della Chiesa. La preghiera d’intercessione e i “pensieri benedicenti” ci aiutano molto a non indurire il proprio cuore e a fare sempre di nuovo un passo verso l’altro.
»Dobbiamo imparare a metterci alla presenza di Dio con un cuore umile e sincero, in semplicità filiale. Allora il dono della fede, che viene da Lui, ci illuminerà.«
Madre Julia

5. La natura del perdono

Ora dobbiamo chiederci ancora una volta: Che cosa è il perdono? Abbiamo detto finora che per essere nella situazione di poter perdonare, un altro deve aver commesso volutamente un atto di ingiustizia nei miei confronti. E abbiamo detto che tale atto deve essere oggettivamente ingiusto, non solo conseguenza di una piccola debolezza, che diventa grande a causa di un mio proprio difetto, e non solo espressione di una particolarità del carattere, che mi dispiace. Abbiamo anche detto che occorre pregare per l’altro per non nutrire pregiudizi o ragionamenti cattivi e per vedere l’altro in modo oggettivo, con un cuore sincero e buono.
 
Ma prendiamo ora il caso che un altro ha veramente commesso un atto di ingiustizia nei miei confronti. Facciamo di nuovo un esempio concreto: Supponiamo che l’altro ha parlato male di me davanti ad un mio amico. Ovviamente questa calunnia mi fa soffrire e danneggia la mia buona riputazione. Cosa posso fare perché questa sofferenza non diventi rancore nei confronti dell’altro che mi deve qualcosa (la riparazione della mia buona riputazione), che è quindi debitore nei miei confronti?
 
L’unica via che mi può aiutare in questa situazione è il perdono. Nella lingua latina ci sono tre parole per esprimere la realtà del perdono. Queste tre parole possono aiutarci a cogliere la vera natura del perdono. La prima parola è, come in italiano, “per-donare”: questo termine contiene la parola “donare”; chi perdona, fa un dono all’altro in quanto non esige una scusa o una riparazione del danno causato (ad esempio con la calunnia); questo dono è espressione di amore, del voler bene all’altro anche se egli mi ha fatto del male. La seconda parola è “ri-mettere” e vuol dire “mettere di nuovo in ordine”; chi rimette i debiti dell’altro, dice: da parte mia, vorrei fare un nuovo inizio e ti invito a fare altrettanto; forse l’altro ammette il suo peccato (la calunnia) e chiede scusa e cerca di riparare il danno; poi il problema è risolto da ambedue le parti. La terza parola è “i-gnoscere” e significa “non conoscere più”: chi perdona di tutto il cuore, non conosce più la colpa commessa dall’altro, non pensa più all’atto di ingiustizia, non registra ciò che è accaduto nella sua mente, e cioè indipendentemente dal comportamento dell’altro.
 
Soprattutto quest’ultimo aspetto, non memorizzare le colpe degli altri, ci pare difficile. Molti dicono: Sì, cerco di perdonarti, ma non posso dimenticare ciò che mi hai fatto. Tale atteggiamento è insufficiente: in questo modo, infatti, creiamo “libri di debiti”, “registri e rendiconti” nel nostro cuore. Così non perdoniamo di cuore, ma conserviamo una traccia dell’accaduto nella memoria e aggiungiamo ai nostri registri privati una cosa dopo l’altra. In tal modo nutriamo pregiudizi, sfiducia e riserve interiori. E quando accade una piccola cosa, tutto il registro viene subito riattivato… Dobbiamo quindi cercare di perdonare di cuore, cioè di cancellare dalla mente e dalla memoria le colpe degli altri o, con altre parole, di bruciare i nostri libri di debiti.
 
Ovviamente ciò non possiamo fare con la propria forza. È possibile soltanto con la grazia di Dio. Madre Julia, infatti, parla del fuoco del amore misericordioso di Dio, in cui possiamo e dobbiamo bruciare questi registri e rendiconti. Giungiamo così ad un altro punto che è di grande rilevanza per il nostro tema: sulla Croce il Signore ha offerto se stesso al Padre per i nostri peccati; nel suo cuore bruciante di amore ha perdonato tutti i nostri peccati. Gesù ci dice: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi” (Gv 13,34). È impossibile osservare questo comandamento, se si tratta di imitare, con la propria forza, il modello divino. Si tratta invece di una partecipazione vitale alla misericordia e all’amore di Dio. Soltanto lo Spirito Santo, del quale “viviamo” (Gal 5,25), può fare nostri i sentimenti che furono in Gesù. Soltanto nella forza della fede e della carità soprannaturale possiamo perdonare di cuore (cf. CCC, 2842).

6. Una parabola di Gesù

Per esplicitare questo punto, è utile leggere una pagina del Vangelo che mette in luce il vero significato del perdono. Tutto comincia con una domanda di Pietro a Gesù: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?” (Mt 18,21). Pietro pensa di essere molto generoso, quando chiede se dovrà perdonare al suo fratello fino a sette volte. Ma la risposta di Gesù esige molto di più: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,22). Con queste parole Gesù dice a Pietro e a tutti noi che dobbiamo essere disposti a perdonare sempre e in ogni circostanza.
 
A questa risposta Gesù aggiunge una parabola. Dice: “Il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi? Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello” (Mt 18,23-35).
 
Questa parabola ci scuote. Il servo deve al re diecimila talenti; ora un talento ha il valore di circa 2.500 euro; il debito è quindi di 25 milioni euro – una somma assolutamente impagabile. Ma avendo pietà del servo, il re gli condona tutto il debito. L’altro servo deve al primo solo cento denari, e cioè circa 33 euro – una somma irrilevante. E cosa fa costui? Dimentica l’amore generoso del re nei suoi confronti, non ha alcuna pietà con colui che gli deve soltanto 33 euro e lo fa gettare in carcere. Non siamo talvolta come questo servo, dimenticando l’immenso amore del Signore verso di noi e guardando soltanto ai piccoli debiti che gli altri hanno nei nostri confronti? Dobbiamo ricordare sempre il tenore delle parole del Padre nostro: “Rimetti a noi i nostri come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12). La nostra domanda viene esaudita solo a condizione che noi abbiamo risposto all’esigenza di perdonare gli altri. Ciò non limita l’onnipotenza di Dio, ma significa semplicemente che non possiamo accogliere la misericordia di Dio se non siamo disposti a perdonare gli altri.
 
In merito leggiamo nel Catechismo: “Ora, ed è cosa tremenda, il flusso della misericordia di Dio non può giungere al nostro cuore finché noi non abbiamo perdonato a chi ci ha offeso. L’amore, come il corpo di Cristo, è indivisibile: non possiamo amare Dio che non vediamo, se non amiamo il fratello, la sorella che vediamo. Nel rifiuto di perdonare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, il nostro cuore si chiude e la sua durezza lo rende impermeabile all’amore misericordioso del Padre; nella confessione del nostro peccato, il nostro cuore si apre alla sua grazia” (CCC, 2840).
»Il perdono è un culmine della preghiera cristiana.«
Catechismo della Chiesa Cattolica, 2844

7. I frutti del perdono

Infine vogliamo domandarci: quali sono i frutti del perdono? Sono tanti e sono di somma importanza.
 
Innanzitutto il perdono apre il nostro cuore ad accogliere la misericordia di Dio, in particolare nel sacramento della Riconciliazione. Nel “fuoco dell’amore misericordioso di Dio” bruciano i nostri peccati e i nostri libri di debiti. Di conseguenza, siamo di nuovo in pace con Dio, viviamo più secondo il Vangelo e imitiamo il Signore Gesù e il suo atteggiamento nei confronti di noi peccatori.
 
Inoltre il perdono fa continuamente possibile un nuovo inizio. Quando ci perdoniamo a vicenda, possiamo cominciare “di nuovo con l’aiuto della grazia e della fede”, possiamo comportarci “come se ci vedessimo per la prima volta”. Per ogni famiglia, per ogni comunità il perdono è essenziale. Ci aiuta a superare momenti di difficoltà e di conflitto, ci fa possibile guarire le ferite dei nostri cuori, ci dà la possibilità di rinnovare e ravvivare l’amore vicendevole.
 
Infine il perdono ci ridona la serenità del cuore. Spesso un conflitto tra due persone lascia tracce non solo nella persona colpevole, ma anche nell’altra. Queste tracce, queste sofferenze guariscono con un atto di sincero perdono. Poi ritorna la gioia, la serenità e la pace interiore. Vorrei ancora aggiungere un aspetto: dobbiamo essere disposti non solo a perdonare gli altri, ma anche noi stessi, e cioè a bruciare nel fuoco dell’amore divino i nostri peccati del passato, le esperienze negative che pesano sulla nostra coscienza, i propri limiti, delusioni e debolezze.
 
Concludiamo con una bella citazione del Catechismo: “Il perdono è un culmine della preghiera cristiana; il dono della preghiera non può essere ricevuto che in un cuore in sintonia con la compassione divina. Il perdono sta anche a testimoniare che, nel nostro mondo, l’amore è più forte del peccato… Il perdono è la condizione fondamentale della Riconciliazione dei figli di Dio con il loro Padre e degli uomini tra loro” (CCC, 2844).
»Dove è l’amore, il servire diventa semplice.«
Madre Julia

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